(via @g_tremonti – BLOZ)
gennaio 2013
6 Gennaio 2013
sillogismo tremontiano (o del provider stitico)
territoriarchico campagna-elettorale-2013, quelli-del-pdl, tremonti Cialtroni al lavoro
5 Gennaio 2013
Lista FalliMonti: i nuovi volti si affacciano in politica
territoriarchico campagna-elettorale-2013 Cialtroni al lavoro
(via @bastaCasta)
5 Gennaio 2013
Logo Lista FalliMonti (scelta cinica)
territoriarchico campagna-elettorale-2013 Cialtroni al lavoro
Liberamente tratto da Camelotdestraideale.it e modificato secondo coscienza.
p.s. Lì dove “scelta civica” significa solo sfrenato statalismo. NO, neanche sotto tortura.
(via BLOZ)
4 Gennaio 2013
Contro Monti e contro questo stato: la versione di Oscar
territoriarchico fermare-il-declino Fermare il declino
[…] Va bene. Fermiamo il declino. È obbligatoria la domanda sull’evento impensabile: Fermare il Declino vince le elezioni. Tu sei premier. Hai i soliti primi 100 giorni, simbolici e importantissimi. Cosa fai?
Faremmo quattro cose, precise. La prima, il problema dei problemi: i tecnici che, indifferenti ad ogni cambio di colore politico, continuano a governare gli apparati pubblici. Nella testa, quasi tutti loro, pensano che se sale la spesa pubblica (che gestiscono di fatto loro) saliranno le tasse (che però paghiamo tutti). Questo mondo, queste alte burocrazie lì da sempre e per sempre, sono uno dei nodi del declino italiano. È lo stesso ambiente vischioso in cui maturano le distrazioni della Consob su casi come Fonsai, mentre casualmente il figlio dell’ex presidente era consulente di un sorvegliato che andava sorvegliato con grande attenzione… Ecco, nei primi cento giorni valorizzerei quegli alti dirigenti che possono segnare una netta discontinuità – penso al nuovo dg del tesoro, che ha preso il posto di Grilli – e richiamerei in Italia subito le figure giuste. Ad esempio penso al vicepresidente della Bei (Dario Scannapieco, ndr).
Uno spoil system virtuoso per abbattere le caste consolidate.
Io odio la parola spoil system, perché in Italia è sinonimo di lottizzazione, ma se la intendiamo nel modo giusto, cioè come una operazione che valorizza il merito e lega davvero le responsabilità della politica ai risultati che sa ottenere, allora certo cambia tutto.
Ok. Passiamo alla seconda proposta per i primi giorni del governo Giannino.
Bisogna ribaltare la strada imboccata da Monti per le cessioni immobiliari. Servono veicoli di mercato che gestiscano la transizione: la proprietà resta pubblica, ma la gestione viene messa a gara tra gli operatori. Ci sarebbe la fila. Bisognerebbe creare un nuovo veicolo, incardinandolo all’estero dove c’è la certezza del diritto e dei tempi di giustizia, per gestire questi passaggi. Non penso ovviamente alle Cayman, ma ai paesi di diritto anglosassone, dove poche regole chiare chiare renderebbero anche non preoccupanti per le controparti eventuali contenziosi. In questo modo, potremmo incassare miliardi ed essere sicuri di una gestione trasparente, agile, rapida della dismissione del nostro patrimonio immobiliare pubblico.
Va bene. Vai con la terza.
Bisogna modificare la legge di contabilità, e vincolare il taglio della spesa all’abbattimento delle imposte su imprese e lavoro. Un terzo deve servire al taglio dell’Irap, due terzi al taglio del cuneo fiscale. Bisogna insomma garantire che il taglio della spesa serva a un taglio delle tasse, non a trasferire invece spesa da un capitolo all’altro, come ha fatto Monti.
Quarto e ultimo punto di apertura dei lavori?
Bisogna aprire un grande cantiere che ci metta di fronte alla principale diseguaglianza di questo paese. Si fa finta che siamo tutti uguali, le tasse sono uguali per tutti, e non c’è invece un’ammissione fondamentale: giovani, donne, lavoratori con pochi anni di contribuzione, sono meno uguali degli altri. E quindi, anche se in tanti rabbrividiscono, bisogna aggredire questa diseguaglianza garantendo regimi fiscali migliori alle categorie che più, in questi anni, hanno pagato il conto. Del resto, basta vedere cosa ha fatto la Germania: una specie di partita Iva agevolata, con fortissimi sgravi e incentivi per i primi tre anni. Solo così si riequilibrano le differenze di opportunità, ed è anche per questo che la Germania resta il paese più sano d’Europa e con un alto tasso di lavoro femminile, mentre noi abbiamo perso tempo.
(Leggi tutto su Linliesta)
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4 Gennaio 2013
Il programma del Movimento 5 stelle: proposta, protesta o semplice vaffanculo?
territoriarchico m5s Oltre le Caste
di Carlo Stagnaro da Chicago blog:
Fine anno è tempo di agende, e non poteva mancare quella di Beppe Grillo. L’Agenda Grillo è un elenco di sedici proposte, tratte dal più ampio programma del Movimento 5 stelle. Il principale limite del programma è che fissa una serie di obiettivi senza fornire alcun dettaglio sugli strumenti per raggiungerli. In questo commento, tuttavia, ignorerò questo aspetto non banale, perché in realtà quasi nessuna piattaforma politica si sofferma su un dettaglio così triviale come la fattibilità delle sue promesse (…). Questo articolo, dunque, assume – salvo dove specificato diversamente – che gli obiettivi di Grillo siano realizzabili e che Grillo sappia come. Alla luce di questa ipotesi eroica la domanda è: siamo di fronte a un programma razionale e articolato, oppure a un confuso vaffanculo?
Il programma si compone del M5S di sette aree tematiche. Vediamole nel dettaglio.
Sull’istruzione, il M5S chiede anzitutto l’abolizione della legge Gelmini. Questo può essere bene o male, a seconda di quale meccanismo si intenda adottare al suo posto, ma in assenza di dettagli bisogna ritenere che la volontà sia quella di tornare indietro: cioè a un’organizzazione del sistema educativo che, ancor meno di quella vigente, dia peso e spazio al merito nel determinare gli avanzamenti di carriera. L’unica concessione è quella di una valutazione degli insegnanti affidata agli studenti: non è in principio sbagliato, ma difficilmente può essere l’unico criterio. Oltre a questo è molto rilevante l’impegno ad abolire il valore legale del titolo di studio, al quale si affiancano una serie di indicazioni perlopiù di buonsenso ma attinenti più ad aspetti di dettaglio che a una revisione complessiva.
Il secondo argomento è la salute, che viene affrontata in modo assai più sistematico. La prima affermazione, però, è contraddittoria: da un lato si chiede la “universalità e gratuità del servizio”, dall’altro l’introduzione di ticket proporzionali al reddito per le prestazioni “non essenziali”. Non mi sembra una rivoluzione rispetto allo status quo. Idem per i farmaci, per i quali si invoca l’uso dei generici e la prescrizione del principio attivo in luogo del nome della specialità. Non mancano le solite campagne informative, ma è sui medici che si trovano alcune proposte pesanti: 1) non consentire a medici che lavorano nelle strutture pubbliche di operare nel privato; 2) tetti alle tariffe dei medici nel privato; 3) trasparenza e merito nella selezione dei primari. A parte l’ultimo punto, i primi due rischiano di sortire risultati opposti a quelli desiderati: da un lato si espellono i medici migliori dal settore pubblico, dall’altro li si spedisce direttamente all’estero. Sull’organizzazione del sistema sembra esserci molta ideologia e poco pragmatismo. La pubblicazione delle liste di attesa è odiosa (non necessariamente io desidero che tout le monde sappia quali interventi dovrò subire e quando!), la sostituzione dei direttori generali delle Asl con consigli di amministrazione appare una moltiplicazione di cariche e stipendi senza particolare benefici. Positivi, invece, l’informatizzazione del servizio e la trasparenza delle convenzioni con le strutture private. I suggerimenti sulla ricerca sono né carne né pesce. Surreale la sezione conclusiva, che chiede addirittura la “eliminazione degli inceneritori” (???).
La sezione sull’informazione è un curioso mix di misure estremamente “dirigiste” oppure estremamente “liberiste”. Tra le prime, internet gratis per tutti al primo punto (che però contraddice un punto successivo dove si parla di “allineamento immediato delle tariffe di connessione a Internet e telefoniche a quelle europee”), il tetto al possesso di pacchetti azionari superiori al 10% di televisioni o quotidiani nazionali (una norma contro gli “editori puri”? bah), un tetto del 5% per la raccolta pubblicitaria, e la statalizzazione “a prezzo di costo” (???) della rete telefonica oggi in pancia a Telecom Italia. Tra le proposte condivisibili, la privatizzazione di due canali Rai, l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti e l’abrogazione della legge Pisanu sull’accesso a internet wifi.
Per quanto riguarda i trasporti, il M5S compra tutto l’armamentario del populismo più ingenuo: le piste ciclabili (non ho nulla contro le piste ciclabili, per carità), i parcheggi per le biciclette sia nei condonimi sia nelle aree urbane, i mezzi pubblici, la tassazione delle auto che viaggiano con un solo individuo a bordo (oddio, mi ero ripromesso di non commentare la fattibilità delle proposte, ma questa mi sembra davvero grossa!). Oltre a questo la consueta retorica anti-Tav (disclaimer: anch’io sono contrario al finanziamento pubblico alla Tav) e addirittura il divieto alla realizzazione di nuovi parcheggi per le auto nei centri urbani. Si vede che tutti gli attivisti del M5S abitano o vicino al posto di lavoro, o in zone comodamente servite dai mezzi. Fortunati loro.
La quinta sezione è dedicata al rapporto tra Stato e cittadini e, ammetto, è quella che mi convince più di tutte perché, a differenza delle altre, ha una sua coerenza interna. In particolare segnalo l’abolizione delle province, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e l’accorpamento obbligatorio dei comuni sotto i 5.000 abitanti (io non mi spingerei neppure tanto in là), l’obbligo di trovare copertura effettiva per ogni spesa, la massima trasparenza sul processo legislativo. Altri punti sono meno convincenti (l’allineamento dello stipendio dei parlamentari al reddito medio nazionale, per esempio). L’unico aspetto su cui sono radicalmente contrario è l’abolizione delle Authority: naturalmente bisogna valutare caso per caso, ma poiché qui non si fa distinzione devo dedurne che i grillini sono contrari in sé e per sé alla regolazione indipendente, senza capire che in molti casi questo è l’unico modo di limitare l’influenza della politica e garantire certezza del diritto per gli investimenti.
La parte sull’energia è molto buffa, a partire dalla apparente convinzione che un metro cubo di metano equivalga a un litro di gasolio. C’è molta enfasi sull’efficienza negli edifici, senza apprezzare pienamente le difficoltà oggettive di un paese dove lo stock edilizio è in larga misura molto vecchio (dunque inefficiente). Solita fuffa sulle rinnovabili, priva di qualunque collegamento con la situazione attuale. In particolare, i grillini sembrano non essersi accorti che il sistema elettrico italiano soffre, oggi e nel futuro prevedibile, di overcapacity, quindi l’ultimo dei problemi è accrescere la potenza disponibile. Significativo pure che non vi sia neppure una parola sul fatto che i mercati elettrico e del gas sono stati liberalizzati e che, di conseguenza, la buona regolazione del mercato è la chiave di volta di qualunque intervento si voglia intraprendere.
Infine, sull’economia credo sia corretto definire il programma grillino come una variazione sul tema del consumerismo. L’idea di fondo è che sia necessario introdurre una pesante regolamentazione di tutto, dal divieto delle “scatole cinesi” in borsa all’abolizione delle “cariche multiple” nei consigli di amministrazione fino alla “introduzione di reale rappresentanza dei piccoli azionisti” e “impedire l’acquisto prevalente a debito di una società (es. Telecom Italia)”. Propositi, in realtà, confusi, che magari nascondono qualche problema reale ma che vi danno una risposta sgangherata. Alcune proposte sono viziate dalla totale non conoscenza dei settori coinvolti: cosa vuol dire “abolire i monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset, Ferrovie dello Stato”? Alcune di queste aziende godono di posizioni quasi-monopolistiche perché le norme impediscono la concorrenza: non c’è da abolire nulla, occorre liberalizzare; altre rafforzano la propria posizione dominante grazie all’azionariato pubblico: non c’è da abolire, occorre privatizzare; altre ancora svolgono business che hanno natura di monopolio tecnico: non c’è da abolire, occorre buona regolazione (ma i grillini vogliono pure abolire i regolatori indipendenti, ohibò!). Inoltre, se venissero “aboliti i monopoli”, non avrebbe più senso “l’allineamento delle tariffe di energia, connettività, telefonia, elettricità, trasporti agli altri Paesi europei”, perché – con l’eccezione dei monopoli tecnici – non avremmo più tariffe ma prezzi (peraltro, il differenziale con l’Europa spesso è dovuto proprio all’assenza di concorrenza). Sulla finanza pubblica, i grillini non distinguono stock e flussi: propongono di ridurre il debito pubblico (uno stock) con “il taglio degli sprechi e con l’introduzione di nuove tecnologie per consentire al cittadino l’accesso alle informazioni e ai servizi senza bisogno di intermediari”. L’ultima parte non mi è del tutto chiara, ma la riduzione degli sprechi è un intervento sul flusso di spese, che può servire ad abbattere il debito se e solo se viene creato un sistematico avanzo di bilancio: magari è quello che vuole il M5S, ma non lo dice. La proposta più bizzarra: “disincentivi alle aziende che generano un danno sociale (es.distributori di acqua in bottiglia)” (???). La proposta più pericolosa: l’abolizione della legge Biagi e con essa, presumibilmente, il ritorno a un mercato del lavoro rigido e inadeguato.
Per fare una sintesi conclusiva, il programma del M5S è un oggetto strano. Al di là della genericità delle proposte – che, in fondo, non differenzia Beppe Grillo da quasi tutti gli altri – si trova qui un curioso mix di proposte assennate, discutibili e del tutto impossibili. Quello che colpisce è l’assenza di coerenza con cui vengono affiancate le une alle altre, al punto che, talvolta, non si contraddicono solo nello spirito ma anche nella lettera. Se il programma è una proxy per il modo in cui i grillini condurranno la loro attività parlamentare, il M5S è l’equivalente politico di una roulette russa, dove in maniera del tutto casuale possono emergere posizioni estremamente positive o altre del tutto assurde.
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4 Gennaio 2013
Qualcuno ha visto il risanamento dei conti pubblici?
territoriarchico debito-pubblico Crisi Finanziaria, Economia e Finanza
[…] Per cercare di chiarire le idee al lettore (e a chi scrive) conviene andare direttamente ad analizzare la crescita nello stock del debito pubblico (dato che l’effetto principale del fabbisogno è proprio la crescita del debito). Utilizziamo allo scopo un altro grafico tratto dalla pubblicazione della BI.
Come si può vedere il debito, che ha sfondato in ottobre il muro dei 2000 miliardi, manifesta una tendenza alla crescita ben più marcata rispetto allo scorso anno: tra ottobre 2011 e ottobre 2012 è aumentato di ben 99 miliardi (da 1916 a 2015); tra ottobre 2010 e ottobre 2011 era invece cresciuto solo di 45 miliardi (da 1871 a 1916). A cosa è dovuta questa crescita più che doppia rispetto all’anno precedente?
- I prestiti agli altri stati, bilaterali o via EFSF, sono cresciuti di 19 miliardi (passando da 11 a 30 mld.);
- I depositi presso la Banca d’Italia e gli impieghi della liquidità sono aumentati di 15 miliardi (da 38 a 53);
- I depositi presso altre istituzioni finanziarie residenti al netto degli impieghi della liquidità sono diminuiti di 9 miliardi (da 37 a 28 mld.)
La somma algebrica delle tre voci precedenti è pari a 25 miliardi. Essi rappresentano aumenti di crediti della PA che sono stati finanziati con aumento del debito pubblico. Al netto di tale componente il debito pubblico risulta tuttavia cresciuto in un anno di 74 miliardi di euro e la causa è semplicemente l’eccesso di pagamenti per finanziare le spese della PA rispetto agli incassi della medesima.
Qualcuno, a parte il governo e la quasi totalità dei giornali, ha visto il risanamento dei conti pubblici?
(via Chicago blog – Ugo Arrigo)
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3 Gennaio 2013
previsioni di maggior crescita e maggior riduzione del PIL nel mondo
territoriarchico grafici-economia, previsioni-economia Economia e Finanza
(via The Economist)
2 Gennaio 2013
avanti con Fermare il Declino …
territoriarchico fermare-il-declino Fermare il declino
(via @Scacciavillani)
2 Gennaio 2013
ma dove troveresti il coraggio di ascoltare uno così (Napo capo a fine anno)
territoriarchico banana-republic, napolitano Italianide, Repubblica Bananiera
[…] Monti non ha tagliato le spese? Nemmeno Napolitano lo ha fatto. Il Quirinale ha mantenuto lo sfarzo monarchico e le spese sono aumentate in conformità: così i 775 dipendenti del 1948, sono diventati 2.150 nel 2005: cioè erano triplicati. Con Napolitano il personale dello staff presidenziale anziché diminuire è aumentato da 85 a 103 unità. Ogni singolo dipendente del Quirinale costa in media 123.670 euro l’anno, contro i 74.160 dell’Eliseo e i 43.546 di Buckingham Palace. Un’inchiesta sulle spese delle maggiori istituzioni italiane condotta tra il 2001 e il 2006 aveva stabilito che nel quinquennio l’aumento medio era stato del 24%; al primo posto si collocava il Quirinale con un più 41,9%, seguito dal Senato con un più 38,8%. A far lievitare le spese erano stati gli acquisti delle automobili di servizio, del vestiario dei dipendenti e degli arredi. La Lega aveva accusato: ”Non è possibile che il presidente della Repubblica abbia a disposizione 40 auto blu”. Non è vero, aveva replicato il Quirinale: ”Le auto sono in tutto 35 e solo tre a disposizione di Napolitano”. Solo tre! Quando la pezza è peggiore del buco. Sono aumentati anche i corazzieri. Il presidente ne ha più del re.
(via L’Indipendenza)
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6 Gennaio 2013
sito Lista Lavoro Libertà: non era mai caduto così in basso
territoriarchico campagna-elettorale-2013, quelli-del-pdl, tremonti Cialtroni al lavoro
(via @g_tremonti)