[…] Il secondo motivo è organizzativo: anche i parlamenti si fondano su specializzazione e divisione del lavoro e le commissioni parlamentari istituzionalizzano proprio questa necessità. Non si può voler dimezzare il numero dei parlamentari e pensare che la qualità nello scrutinio delle leggi non ne risenta. Infine, come si evince dai grafici, l’Italia è sicuramente sovradimensionata nei confronti internazionali, ma è tutto sommato in buona compagnia: non c’è dunque nessuna anomalia italiana quanto a numero di parlamentari. Non tale, quantomeno, da giustificare un dimezzamento.
Se si vogliono ridurre le spese, meglio allora sarebbe ridurre gli stipendi anziché il numero dei parlamentari. Come ampiamente dimostrato da più parti, la vera anomalia italiana è l’entità degli stipendi dei parlamentari, non la dimensione del parlamento.
L’ultimo grafico mostra per l’appunto il rapporto fra il salario di un parlamentare e il reddito pro-capite del paese: non credo occorrano molti commenti. Vero è che una riduzione di stipendio potrebbe, in via di principio, comportare problemi di selezione, ossia le persone più preparate, che guadagnano abbastanza al di fuori della politica, potrebbero non trovare conveniente candidarsi. Ma bisognerebbe allora chiedersi se paesi come la Francia o il Regno Unito, con salari dei parlamentari molto più bassi di quelli italiani, abbiano anche una classe dirigente politica che sfigura in confronto alla nostra. Francamente mi pare di no e il motivo, credo, sia da ricercare nella motivazione non strettamente economica che ancora spinge tante persone a occuparsi di politica. Il problema è allora piuttosto quello di rimuovere le barriere all’entrata, di cui il salario non mi sembra la componente più importante. Certo i danni fatti dal Porcellum e dall’assenza di competizione elettorale sono notevoli. Comprensibile, dunque, il bisogno non solo di dimezzare, ma di eliminare totalmente un certo tipo di politici dalle istituzioni. Ma bisogna stare attenti a non buttare via il bambino con l’acqua sporca.
5 Febbraio 2013
Dimezzare il Parlamento? No, meglio gli stipendi
territoriarchico costo-della-politica, parlamento Come funziona, Struttura dello Stato
[…] Il secondo motivo è organizzativo: anche i parlamenti si fondano su specializzazione e divisione del lavoro e le commissioni parlamentari istituzionalizzano proprio questa necessità. Non si può voler dimezzare il numero dei parlamentari e pensare che la qualità nello scrutinio delle leggi non ne risenta. Infine, come si evince dai grafici, l’Italia è sicuramente sovradimensionata nei confronti internazionali, ma è tutto sommato in buona compagnia: non c’è dunque nessuna anomalia italiana quanto a numero di parlamentari. Non tale, quantomeno, da giustificare un dimezzamento.
Se si vogliono ridurre le spese, meglio allora sarebbe ridurre gli stipendi anziché il numero dei parlamentari. Come ampiamente dimostrato da più parti, la vera anomalia italiana è l’entità degli stipendi dei parlamentari, non la dimensione del parlamento.
L’ultimo grafico mostra per l’appunto il rapporto fra il salario di un parlamentare e il reddito pro-capite del paese: non credo occorrano molti commenti. Vero è che una riduzione di stipendio potrebbe, in via di principio, comportare problemi di selezione, ossia le persone più preparate, che guadagnano abbastanza al di fuori della politica, potrebbero non trovare conveniente candidarsi. Ma bisognerebbe allora chiedersi se paesi come la Francia o il Regno Unito, con salari dei parlamentari molto più bassi di quelli italiani, abbiano anche una classe dirigente politica che sfigura in confronto alla nostra. Francamente mi pare di no e il motivo, credo, sia da ricercare nella motivazione non strettamente economica che ancora spinge tante persone a occuparsi di politica. Il problema è allora piuttosto quello di rimuovere le barriere all’entrata, di cui il salario non mi sembra la componente più importante. Certo i danni fatti dal Porcellum e dall’assenza di competizione elettorale sono notevoli. Comprensibile, dunque, il bisogno non solo di dimezzare, ma di eliminare totalmente un certo tipo di politici dalle istituzioni. Ma bisogna stare attenti a non buttare via il bambino con l’acqua sporca.
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