Perché secedere? Perché puntare all’indipendenza del Veneto? Perché dimenticare l’Italia? Semplice (fra i centomila esempi possibili):
http://youtu.be/8Q9RyTVAyLw
1 Settembre 2013
territoriarchico no-tav, secedere, sperperi, statalismi, svolta-liberale Indipendenza, Perché Secedere, Repubblica Bananiera, Sperperi d'Itaglia
Perché secedere? Perché puntare all’indipendenza del Veneto? Perché dimenticare l’Italia? Semplice (fra i centomila esempi possibili):
http://youtu.be/8Q9RyTVAyLw
21 Luglio 2013
territoriarchico veneto-indipendente, verso-l'-indipendenza Indipendenza
[…] Gli esperti che per alcuni mesi si sono confrontati su questi temi hanno prodotto elaborati che, nella sostanza, hanno preso atto di come il diritto internazionale sia profondamente mutato nel corso degli ultimi decenni e di come oggi il Veneto – se lo vorrà – potrà diventare indipendente.
Questo risultato si deve alla pazienza, all’intelligenza, alla capacità di dialogo e alla dottrina dei membri della Commissione. Hanno fatto un lavoro utile che non decide né in un senso né nell’altro, ma affida al Consiglio Regionale e quindi ai rappresentati dei cittadini veneti (com’è giusto che sia) l’onere e l’onore di compiere atti importanti: a tutela della popolazione che hanno il compito di amministrare.
Forse già il 30 luglio, quando si discuterà la proposta di legge che istituisce il referendum consultivo, sapremo se questi consiglieri saranno all’altezza dei problemi che devono affrontare.
(qui il testo della Relazione della Commissione di Giuristi)
(leggi tutto su Diritto di voto)
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16 Luglio 2013
territoriarchico veneto-indipendente, veneto-stato, verso-l'-indipendenza Indipendenza, Perché Secedere
Qui sul BLOZ abbiamo già incontrato il prof. Carlo Lottieri (insieme al prof. Luca Antonini) nel corso di una intervista su Radio24 condotta da Oscar Giannino sui temi dell’indipendenza e del federalismo differenziato condotta. In questo video Lottieri parla dell’Indipendenza del Veneto con quei toni e contenuti che a me piacciono in modo particolare e che riflettono la forza del concetto supremo del Diritto di Voto! Chi è interessato si prenda il tempo di sentirselo per intero: vi sono parecchi ottimi spunti sui quali ragionare.
(via BLOZ)
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30 Giugno 2013
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di ROBERTO CIAMBETTI
“Tutte le questioni sospese all’interno di ogni Paese devono essere risolte con mezzi pacifici e attraverso il dialogo, rispettando la reale volontà delle persone coinvolte” Con queste parole Ban- Ki-moon, segretario generale dell’Onu rispose nello scorso aprile ai giornalisti che in Andorra gli chiedevano una dichiarazione sui referendum indipendentisti di Catalunya e Scozia: “Le nazioni Unite rispettano i processi di autodeterminazione” rimarcò Bn-Ki-moon con chiarezza.
Per quanto riguarda la Scozia il referendum si terrà nel 2014, mentre in Catalunya il presidente Artur Mas rispondendo alla stampa giovedì scorso ha ribadito che cercherà di “esaurire tutti i meccanismi possibili” per raggiungere un accordo con il governo spagnolo per arrivare al referendum sull’indipendenza catalana e formalizzerà la sua richiesta entro luglio: come in Italia anche in Spagna si cerca di bloccare il referendum sostenendo il principio costituzionale immodificabile dell’unità della nazione.
Ero presente di persona alle dichiarazioni in sala stampa del Palau de la Generalitat e posso dire che Mas era sereno e per nulla preoccupato dalle defezioni dal fronte referendario di alcune forze politiche, Popolari fra i primi richiamati all’ordine dalla casa madre di Madrid.
Il ragionamento del Presidente catalano è chiaro: il referendum non è questione di partiti, è un diritto del cittadino e il principio di autodeterminazione prevale su quello dell’unità nazionale Una vasta area dell’opinione pubblica catalana, trasversale alle forze politiche e interclassista è dichiaratamente indipendentista ed è sinceramente stanca di Madrid. Stanca, arrabbiata, ferita da una crisi economica che a Barcellona, morde, crea problemi sociali, che potrebbero essere affrontati diversamente se solo i catalani non fossero contribuenti netti dello stato spagnolo.
Xavier Trias, che proprio lunedì prossimo festeggerà il primo biennio da sindaco di Barcellona, mi ha confermato che i suoi cittadini hanno un residuo fiscale di circa 2.700 €: avreste dovuto vedere la sua espressione quando gli ho detto che in Veneto superiamo invece i 4 mila € pro-capite tra quanto versiamo all’erario e quanto la Pa spende nella nostra regione.
Sia veneti che catalani sono contribuenti netti, versano più di quanto ricevano e difficilmente i governi italiani e spagnoli perderanno tanto facilmente i loro principali finanziatori: quale pirata rinuncia alla sua Isola del tesoro?
Il problema del referendum, a Madrid come a Roma, non è una questione di diritto, ma di soldi, quelli che verrebbero meno alle casse statali dei due Paesi costringendoli a dover rivedere pesantemente le loro finanze e abbattere quell’architettura complessa di privilegi, perché, come spiegava bene Sergio Romano: “Esiste una nomenklatura politica, amministrativa, economica, sindacale, per cui l’Italia deve restare ‘una e indivisibile’. Per coloro che ne fanno parte non è soltanto una patria: è anche un grande collegio elettorale, un serbatoio di voti, un datore di lavoro, la ragione sociale del loro mestiere”.
Fino a quando il malgoverno potrà contare sui soldi delle Regioni virtuose né l’amministrazione centrale, né le aree malgovernate avranno alcun motivo per affrontare ogni riforma, ogni spending review, ogni taglio strutturale alla spesa.
Per difendere l’inefficienza e lo spreco ogni arma è buona: ci si appella alla Costituzione, ma non è per amore di diritto e di giustizia, né per intelligenza o cultura, bensì semplicemente per interesse anche se ciò rischia di portare l’intero paese alla rovina separandolo dall’Europa per consegnarlo al sottosviluppo. E’ un rischio reale, perché le galline dalle uova d’oro possono anche morire di sfinimento. Roma non difende la Costituzione, ma il portafoglio. Il suo, s’intende.
Assessore Regione Veneto
(via L’Indipendenza)
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29 Giugno 2013
territoriarchico veneto-indipendente, verso-l'-indipendenza Indipendenza
6 Giugno 2013
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A cosa servono alla Repubblica italiana forze armate che quest’anno costano al contribuente la bellezza di 17,64 miliardi di Euro? A cosa serve mantenere 177.300 militari (poliziotti vari esclusi) che costano 9,68 miliardi di Euro: 54.597 Euro ciascuno? A cosa serve avere più generali in proporzione di qualsiasi altro esercito del mondo? […]
Ma a cosa serve tutta questa costosa paccottiglia? Chi si deve assalire?
Le missioni di pace (si fa molto per dire) all’estero costano un miliardino. Hanno anche raccontato di avere contribuito a fare economia: quest’anno la parata del 2 giugno è costata “solo” due milioni di Euro contro i 2,6 dello scorso anno. In particolare sembra che non si siano esibite le frecce tricolori con grande malinconia del Quirinale.
Ma a parte questo risparmietto, l’Italia continua a spendere una montagna di quattrini per mostrare i muscoli verso l’esterno (ma a chi?), ma soprattutto ai suoi stessi cittadini. Il messaggio è piuttosto chiaro: nessuno pensi di riprendersi il maltolto perché il malloppo rapinato ai cittadini padani è sorvegliato da una ben equipaggiata e ben pagata guarnigione di armigeri, tutti molto italiani.
(leggi tutto su L’Indipendenza – Gilberto Oneto)
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17 Maggio 2013
territoriarchico indipendenza-dall'-italia, verso-l'-indipendenza Indipendenza
[…] In un partito che dovrebbe avere come solo obiettivo l’indipendenza della Padania (vedesi Statuto), tutti gli sforzi dovrebbero essere dedicati a convincere la maggioranza dei padani a volere l’indipendenza e il solo modo civile, pacifico e democratico è di conquistarne il consenso attraverso l’informazione e il ragionamento. Per farlo bisogna produrre dati, notizie, numeri, statistiche e strumenti di discussione e conversione: bisogna ri-raccontare la storia, svelare porcate e menzogne, diffondere dati economici, cifre dello sfruttamento, raccogliere archivi di dati che servano a combattere la battaglia, che siano fabbriche di munizioni per la guerra di liberazione. Bisogna fare cultura e informazione. Bisogna che ci siano uomini che vi si dedicano con impegno, e chi può farlo meglio di gente che riceve ricchi stipendi per darsi a tempo pieno alla comune battaglia? E invece nessuno di questi pisquani ha mai fatto niente del genere perché nessuno glielo ha mai chiesto e perché gran parte di loro è stata scelta non già per preclare virtù intellettuali, ma sulla base dell’abilità di far scivolare ben salivate slinguazzate sulle terga del potente di turno. I più intraprendenti hanno fatto di più nell’impegno di tessuti mucosi.
(leggi tutto su l‘Indipendenza – G. Oneto)
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2 Aprile 2013
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[…] Gianfranco Miglio affermava che “con il consenso della gente si può fare di tutto, cambiare il governo, sostituire la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo”. Tale concetto è stato applicato in Scozia dove il 18/09/2014 il Popolo Scozzese, mediante referendum, potrà liberamente esprimersi per l’indipendenza, mentre la Catalunya ha approvato una dichiarazione di sovranità con l’obiettivo di poter effettuare al più presto, come in Scozia, il referendum popolare. Se il concetto di Gianfranco Miglio, sopra riportato, ha trovato applicazione in Stati stranieri, significa che non è impossibile trovare una soluzione affinché lo stesso venga recepito dagli organi competenti anche in Lombardia e Veneto che, con coesione d’intenti, si facciano promotori della necessità che i Popoli Lombardo e Veneto possano LIBERAMENTE esprimersi sull’indipendenza delle due Regioni o se rimanere nell’attuale situazione di asservimento. Per approfondire si possono scaricare i numeri 3/4/5/7/8 a questo link http://www.laliberacompagnia.org/QP.php
(leggi tutto su Diritto di voto – Stefano Crippa)
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14 Gennaio 2013
territoriarchico indipendenza-dall'-italia, itaglia-cialtrona Indipendenza, Italianide, Libertarian
Caro FunnyKing, qui sfondi una porta aperta.
Credete che lo faccio per una sorta di furore ideologico?
No, non me ne importa niente delle ideologie, io odio Questo Stato Italiano perchè so che porta alla rovina e alla miseria.
Spendo solo poche parole per dire l’essenziale, ovvero cosa ci sta rendendo un popolo di straccioni.
La ricchezza di una nazione dipende da 3 fattori:
- Quanto e a che costo produce.
- Se ha la forza militare per sottrarre la ricchezza di altre nazioni
- Se ha sul suo territorio ingenti risorse naturali e la sa sfruttare.
Escludiamo il fattore 2, non siamo gli Stati Uniti, ne la Russia ne la Cina. Escludiamo anche il fattore 3, l’Italia non ha ingenti risorse naturali da sfruttare.
Se ne deduce che la nostra ricchezza e il nostro tenore di vita dipendono interamente dalla nostra capacità di produrre beni e servizi, e di farlo ad un costo competitivo, tale da competere e vincere sui mercati internazionali.
Il punto è questo: Lo Stato Italiano è incapace di produrre a costi competitivi, anzi ha una produttività negativa. Attraverso le tasse, distrugge la competitività del settore privato italiano. Come se non bastasse, si arroga il diritto di indebitare bambini e non nati per sopravvivere nelle sue grottesche dimensioni.
Non esiste nessuna politica economica seria che non parta da una feroce riduzione della spesa pubblica, del sistema normativo-burocratico, e di una rivoluzione della giustizia civile. Il resto è una strada infernale che porta alla bancarotta.
Per questo io odio Questo Stato Italiano, dovreste odiarlo anche voi.
(via BLOZ)
25 Novembre 2013
Un rutto (statalista) ci seppellirà
territoriarchico Crisi Finanziaria, Indipendenza, Italianide, Perché Secedere
[…] Perché dietro l’economia in mano pubblica non vi è lo Stato etico di Hegel, né l’anima di Guicciardini, o il buongoverno nell’interesse della collettività e neanche il commune bonum di cui si riempiono la bocca i boiardi di Stato, ma milioni di persone reali con le loro camarille. Queste persone hanno imbastito uno “spaventoso corpo parassitario che avvolge come un involucro la struttura della società … e ne ostruisce tutti i pori” (è Carlo Marx). Cinquanta anni fa nasceva in Italia il centro-sinistra e iniziava l’era delle nazionalizzazioni. In pochi anni, l’economia pubblica diventava la regola e il libero mercato l’eccezione. Mentre i Paesi comunisti sono riusciti ad abbandonare il loro criminale sistema economico e sociale, il totalitarismo duro, per noi uscire dall’incubo della mano pubblica, il nostro totalitarismo dolce, è impossibile. Lo Stato si nutre di se stesso e ingrassa costantemente, ma purtroppo, siamo all’indigestione finale: un rutto ci seppellirà tutti.
(leggi tutto su L’Intraprendente – Marco Bassani)
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