4 Marzo 2013
si smacchiano giaguari in giornata
territoriarchico elezioni-2013, quelli-del-pd Partitica
4 Marzo 2013
gli apparati dello Stato che impediscono la costruzione di uno Stato moderno – Storia di Gaetano Caputi
territoriarchico boiardi-di-stato, burocratismi, statalismi Gli Statali, Perché Secedere, Struttura dello Stato
Incompatibili e illegittimi ma gestiscono il potere
L’architrave del Potere da smantellare – Milena Gabanelli
Cambiano i partiti, cambiano i governi, ma questi apparati dello Stato, formati da individui sconosciuti alla maggior parte della popolazione, sono sempre lì, sempre gli stessi, in spregio alle incompatibilità previste dalla legge e dal buon senso. Sono questi inamovibili Direttori Generali, Segretari di Stato, Presidenti di Commissioni, che impediscono la costruzione di uno Stato moderno, efficiente, affidabile. È questa l’architrave del Potere da smantellare.
(leggi tutto sul Corriere della Sera)
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3 Marzo 2013
perché l’euro è destinato a soccombere (alberto bagnai)
territoriarchico baldracca-europea, uscita-dall-euro Economia e Finanza, Europatia
3 Marzo 2013
Tre miliardi in 20 anni: cosa ne hanno fatto i partiti?
territoriarchico finanziamento-partiti, partitocrazia, rimborsi-elettorali Partitica
Su Linkiesta il resto dell’infografica con il dettaglio dei rimborsi per la XVI legislatura (2008-2012):
2 Marzo 2013
“Non possiamo più permetterci un governo di cialtroni“ – intervista a Luca Ricolfi
territoriarchico analisi-voto-2013, elezioni-2013, partitocrazia Analisi socio-politiche
[…] Vede possibili spazi per interventi finalizzati ad allontanare lo scenario della conservazion dello status quo e lo spettro “greco” o weimariano che ne rappresenta il frutto inevitabile?
Sono piuttosto pessimista. Partendo da una prospettiva realistica non riscontro nessuna possibilità effettiva. Se non si è voluta e potuta realizzare alcuna autentica innovazione negli ultimi vent’anni, perché si dovrebbe iniziare adesso? La possibilità di un’uscita di sicurezza ci sarebbe. Fra tutte le proposte politiche, la più convincente è a mio giudizio quella portata avanti da Matteo Renzi, imperniata su una miscela intelligente e coraggiosa di liberismo, orientato a liberare i produttori dal fardello fiscale e statalista che li opprime, e di socialdemocrazia, volta a completare e rendere davvero universale il nostro Stato sociale, eliminando sprechi intollerabili come i 10 miliardi di euro annui di false pensioni di invalidità e gli 80 miliardi di sprechi nella pubblica amministrazione. Un progetto limpidamente alternativo alla visione di puro mercato promossa da Renato Brunetta e Oscar Giannino, e allo statalismo costruito su una forte pressione tributaria incarnato da Mario Monti e da Pier Luigi Bersani. Era un punto di equilibrio che esisteva solo nel programma concepito dal sindaco di Firenze, rispetto a una destra e a una sinistra estremiste. La prima priva della volontà e della capacità di realizzare le riforme liberali invocate sulla carta, la seconda guidata dalla filosofia del deficit spending e dell’aumento delle tasse, non in grado di affrontare il totem intoccabile della spesa pubblica, ritenuta oggi più che mai la leva prioritaria per promuovere crescita e creazione di lavoro. Ma la scommessa promossa da Renzi poteva essere valida fino a tre mesi fa. Rilanciare la sua centralità ora, dopo averla emarginata e averne distrutto la base elettorale nel Partito democratico, è un’idea un po’ peregrina. […]
[…] Avere negato da parte della leadership democratica l’esistenza e l’emergenza dell’oppressione fiscale sul mondo produttivo, rifiutando di proporre la netta riduzione del peso delle tasse, può aver provocato nel ceto medio un rigetto della proposta progressista, spingendo fasce sociali rilevanti di nuovo nel centro-destra?
Senza dubbio. E quel rifiuto è stato consapevole, per nulla inconscio. Sul versante dell’Imu ad essere toccato è il reddito familiare e personale. Ed è probabilmente accaduto che molti pensionati con 700 euro di assegno mensile ma proprietari di un’abitazione di livello medio-alto ereditata hanno votato con convinzione per il Cavaliere. L’altro tema fiscale prioritario riguarda la chiusura quotidiana di centinaia di aziende e attività produttive perché i pochi margini di profitto sono assorbiti dalla voracità del fisco, Ires e Irap. Anche i protagonisti di questo tessuto imprenditoriale si sono orientati alla fine verso Berlusconi. Si tratta di due terreni distinti con un identico sbocco politico-elettorale. Consideri che nel 2011 le famiglie in serie difficoltà economiche erano 3-4 milioni, il 15 per cento del totale. Ma dopo l’esperienza del governo Monti, appoggiato lealmente fino all’ultimo dal Pd e non dal Cavaliere, sono schizzate oltre il 30 per cento: circa 8 milioni di famiglie su 23, in pratica una famiglia su tre. E la rivolta contro l’imposta sulla proprietà abitativa ha inciso maggiormente ai fini elettorali. Il gruppo dirigente del Pd, che pure ebbe a parlare di macelleria sociale all’epoca delle timide manovre finanziarie di Giulio Tremonti, non è apparso consapevole della gravità del fenomeno. Agli occhi di numerosi cittadini il leader del centro-destra è sembrato invece accorgersi di un problema concreto, rispetto ai discorsi vacui del numero uno del Nazareno sulla redistribuzione, l’equità sociale, l’Italia giusta, il bene comune.
(Leggi tutto su Linkiesta)
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2 Marzo 2013
politiche 2008-2013: flussi elettorali
territoriarchico elezioni-2013, quelli-del-pd, quelli-del-pdl Partitica
27 Febbraio 2013
la Sinistra: sinistramente fortunata (e china sui propri errori)
territoriarchico bersani, quelli-del-pd Partitica
[…] Questo non vuol dire, però, che non sia stupito anch’io. Solo che è un’altra la cosa che mi stupisce. Non il fatto che Bersani, pur vincendo (il premio di maggioranza), sia il grande perdente di questa tornata elettorale: questo non era scontato, ma era nell’ordine delle cose prevedibili. Quello che, ancora oggi, continua a suscitare il mio stupore è invece il fatto che la sinistra, questa sinistra un tempo egemonizzata dal Pci e ora tenuta insieme dagli ex comunisti, sia assolutamente incapace di imparare dai propri errori. E quindi sia, per così dire, rigidamente programmata per ripeterli, cocciutamente e senza alcuna speranza di imparare alcunché dal proprio passato.
E dire che, per capire quali fossero gli errori da evitare, non ci voleva una mente molto raffinata. Il più grave, spiace dover sottolineare una simile ovvietà, è quello di non ascoltare la gente. Bersani ha offerto affidabilità, credibilità, rassicurazione (il famoso «usato sicuro») a un elettorato che, semplicemente, voleva prima di tutto un’altra cosa: un rinnovamento radicale della politica. Eppure quella richiesta di cambiamento era chiarissima e antica, visto che aveva già preso forma più di dieci anni fa (era il 2002), con la famosa invettiva-profezia di Nanni Moretti in piazza Navona: «Con questi dirigenti non vinceremo mai!».
Perché non hanno saputo o voluto ascoltare questo sentimento, che pure attraversa il popolo di sinistra da così tanti anni? Perché la classe dirigente della sinistra non impara mai dai propri errori? Perché non ascolta il suo elettorato?
Me lo sono chiesto tante volte, perché anch’io – se molte cose cambiassero – potrei esserne parte. E la conclusione cui sono arrivato è che la ragione vera, la ragione profonda, per cui la sinistra non sa ascoltare è una soltanto: è la fortuna. La sinistra può permettersi – o meglio: si è potuta permettere finora – di ignorare completamente il suo popolo per la sfacciata fortuna che la accompagna. La sinistra è come Gastone Paperone: almeno nella seconda Repubblica è stata così fortunata da potersi sottrarre a ogni controllo di realtà. […]
(via laStampa.it – Luca Ricolfi)
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25 Febbraio 2013
Europa: dove i paesi ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri (grazie euro!)
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[…] Guardate: mettiamo a confronto la produzione industriale italiana e tedesca in periodi di cambio fisso e cambio variabile. Osservate il miracolo prodotto dall’uscita dallo SME, tra il 1992 e il 1996, sulla forbice tra i due dati, e poi come la forbice si sia allagata nuovamente a nostro svantaggio dal 1999 in poi, proprio con l’entrata dell’euro.
Invece di portare ad una maggiore coesione l’euro ha diviso e separato gli stati membri nel classico schema che vede i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Per vedere un cambiamento in questo trend sono necessarie riforme che non vedremo mai, non stiamo parlando di alzare l’età pensionabile di un paio d’anni o una maggiore facilitazione ai licenziamenti. Qui sarebbe necessario ridurre la spesa pubblica licenziando da un 20 ad un 40% degli impiegati statali e il costo del lavoro dovrebbe scendere di un altro 20% in relazione al costo unitario tedesco, ci sono zero possibilità che queste riforme vengano mai realizzate.
La triste verità è che non è possibile mantenere un tasso di cambio fisso tra nazioni che hanno differenti tassi produttivi di crescita, differenti sistemi sociali e differenti accordi politici. Niente potrà mai cambiare questa realtà.
Ancora zerohedge, ci dice chiaramente che non potendo svalutare la propria moneta, la maggior parte dei paesi europei avrà bisogno di vedere salire la disoccupazione e crollare i salari tra il 30% (Italia, Spagna e Francia) e il 50% (Grecia e Portogallo) per ottenre un riequilibrio macroeconomico con la Germania e per essere “competitivi”. […]
(leggi tutto su ilContagio.it)
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22 Febbraio 2013
Djannino incazzed
territoriarchico fermare-il-declino Fermare il declino, Libertarian
4 Marzo 2013
grafico andamento del debito sul PIL dell’Italia dal 1900 ad oggi
territoriarchico debito-pubblico, grafici-economia Economia e Finanza
(via Rischio Calcolato)