23 Novembre 2013
fallacia delle previsioni del Centro Studi Confindustria …
territoriarchico crisi-finanziaria, fmi, grafici-economia Crisi Finanziaria
19 Novembre 2013
In Italia il carico fiscale più alto d’Europa
territoriarchico classifiche-italia, imposizione-fiscale, tartassati Tartassati
E’ da tempo che la CGIA di Mestre lo sostiene a gran voce, ora arrivano i dati di tre istituti internazionali (Banca Mondiale, Ifc e Pwc). Nel rapporto “Paying Taxes 2014″ diffuso in questi giorni emerge, infatti, che il peso complessivo di tasse e imposte in Italia è il più alto d’Europa, pari al 65,8% dei profitti commerciali contro una media scesa al 41,1% nel Vecchio Continente e del 43,1% nel mondo.
Insomma, l’Italia si conferma maglia nera in Europa per carico fiscale sulle imprese (total tax rate) tra i Paesi interessati dall’indagine che esamina i costi per imposte e tasse in capo a un’impresa e il connesso carico amministrativo per versamenti d’imposta e adempimenti vari.
Per gli adempimenti fiscali in Italia le società impiegano 269 ore all’anno contro le 179 ore impiegate in media da un’impresa europea e le 268 ore l’anno della media mondiale. In Italia le imprese effettuano 15 pagamenti contro i 13,1 europei e i 26,7 richiesti mediamente a livello globale. Il carico fiscale complessivo nel nostro Paese si conferma il più alto d’Europa, pari al 65,8% dei profitti commerciali, in miglioramento rispetto al 2012 (68,3%) contro una media Eu&Efta scesa a 41,1% dal 42,6% del 2012 e una media mondiale del 43,1%, in miglioramento rispetto al 44,7% dello scorso anno.
A farci compagnia nella classifica troviamo la Francia, con un indice di total tax rate di 64,7%, seguita dalla Spagna (58,6%). Tra i primi 10 Paesi al di sopra della media europea troviamo anche il Belgio (57,5%), l’Austria (52,4%), la Svezia (52%), l’Ungheria (49,7%), la Germania (49,4%), l’Estonia (49.4%) e la Repubblica Ceca (48,1%). Il minor carico fiscale in assoluto in Europa è invece quello della Croazia (19,8%) meno di un terzo rispetto a quello italiano, seguito dal Lussemburgo (20,7%) e da Cipro (22,5%).
(via CGIA)
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19 Novembre 2013
territoriarchico disoccupazione, mercato-del-lavoro Mercato del Lavoro
Fonte: Banca d’Italia. Elaborazione dati a cura di Filippo Teoldi
Gli ultimi dati Istat (settembre 2013) ci dicono che il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il 40,4 per cento certificando ancora una volta la drammaticità della condizione dei giovani nel mercato del lavoro italiano. Si sente spesso ripetere che questa è la prima generazione di figli che starà peggio dei propri padri ma è poi difficile supportare tali affermazioni con dati puntuali. In linea di principio si dovrebbe osservare l’intera sequenza dei redditi percepiti dalla persone nel corso della propria vita ma dati di questa natura che contengano informazioni su individui di diverse generazioni, quindi nati in anni molto distanti tra loro, sono estremamente difficili da raccogliere.
Sappiamo però che le condizioni di ingresso nel mercato del lavoro hanno una forte influenza sul futuro percorso di carriera. Chi entra sul mercato con salari bassi farà molta fatica a rimontare. Per questo motivo i dati riportati nel grafico qui sopra sono particolarmente interessanti perché mostrano il reddito medio dei trentenni (1) rispetto alla media dell’intera popolazione in anni diversi. Chi è nato nel 1947, e quindi ha trent’anni nel 1977, guadagnava circa il 10 per cento in più del salario medio dell’intera popolazione. Questo premio si assottiglia notevolmente già per i trentenni nel 1984, i quali guadagnavano poco meno del 3 per cento in più della media, e si azzera quasi completamente per i trentenni nel 1991. Dopodiché crolla. Chi nasce nel 1980 arriva ai trenta anni guadagnando il 12 per cento in meno del reddito medio dell’intera popolazione. E, fortunatamente, non abbiamo ancora a disposizione dati più recenti…
(1) Per trentenni si intendono persone di età compresa tra i 30 e i 39 anni. Non è certamente la definizione più adeguata di “giovani” ma purtroppo i dati non consentono di confrontare in modo omogeneo gruppi di età differenti su un periodo di tempo sufficientemente lungo
(via lavoce.info)
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13 Novembre 2013
ripartizione per detentore dei titoli di debito pubblico italiani
territoriarchico debito-pubblico Economia e Finanza
La quota di Titoli di Stato Italiani in mano a detentori esteri resta ancorata al 30%.
Questo parametro e’ da tenere fortemente monitorato: infatti se guardate con attenzione tra la meta’ del 2011 ed inizio 2012 i “detentori esteri” hanno venduto circa 200 miliardi di titoli pubblici italiani, e questa massiva vendita provoco’ il boom dello Spread, cosa che causo’ la caduta del Governo Berlusconi, e l’arrivo di Monti con le politiche che tutti conosciamo. Si badi bene che la situazione dell’economia reale a meta’ 2011 era migliore su qualsiasi parametro dell’economia reale a quella odierna, pero’ all’epoca i “detentori esteri” vendettero in modo massivo, mentre oggi che l’Italia e’ indebolita mantengono i titoli. Chi vendette i nostri titoli e’ cosa risaputa.
Riepilogando, i Titoli di Stato Italiani sono detenuti come segue:
– il 30% Detentori esteri
– il 10,6% da Banca d’Italia e BCE
– il 42,2% da Banche, Fondi Comuni ed Assicurazioni Italiane
– il 10% dalle Famiglie Italiane
– il 7,2% da altri gestori Italiani
(via Scenarieconomici.it By GPG Imperatrice)
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8 Novembre 2013
Deutsche Bank: outlook del PIL per le 10 più importanti economie mondiali
territoriarchico grafici-economia, PIL, PIL-italia Crisi Finanziaria, Economia e Finanza
(via @FGoria)
3 Novembre 2013
la lotta all’evasione vietando il contante è evidentemente una bufala
territoriarchico eliminazione-contante, governo-letta, tartassati Cialtroni al lavoro, Come funziona, Libertarian, Tartassati
Non ne faccio una questione di merito ma fui tra i primi a firmare la petizione contro l’eliminazione del contante sul sito contantelibero.it: eliminare il contante è dichiaratamente un atto vergognoso e vile contro la nostra libertà (uno dei tanti sui quali si sostiene questo stato di marmellata). Un chiaro articolo di Claudio Borghi spiega i reconditi motivi per i quali questo stato intende perseguirne l’attuazione (neretto mio):
[…] Pensiamo alla proposta di ridurre ancora l’utilizzo del contante. A cosa serve davvero? Nei regimi dittatoriali ogni provvedimento liberticida aveva sempre come causa un nemico. Nell’eurodittatura fiscale, in cui siamo nostro malgrado finiti, la caccia all’evasore è la scusa più gettonata. In nome di questo spauracchio ci stiamo cacciando da soli nella tonnara che Monti aveva candidamente descritto quando disse che per tassare come si deve «occorreva un monitoraggio della ricchezza che al momento ancora mancava».
Ecco la verità, altro che evasione fiscale! Costringere i soldi in banca, confinarli nei conti più spiati del mondo, dove il prelievo potrà essere effettuato semplicemente schiacciando un bottone, servirà a depredare con più facilità i risparmi degli italiani, completando il lavoro di fino già iniziato con i beni immobili. Il fatto poi che i conti fruttino alle banche ricche commissioni non guasta, anzi, può diventare un’astuta forma di ulteriore tassazione nel momento in cui, a monte, si impongano prelievi aggiuntivi proprio sugli istituti di credito.
Non dimentichiamo poi che così, esattamente come con l’Iva, si comprimono ulteriormente i consumi interni, diminuendo le importazioni: il tutto torna perfettamente col disegno perverso di Monti. Pensiamoci: la lotta all’evasione e alla crisi vietando il contante è evidentemente una bufala: dal 2010 ad oggi la soglia consentita per i pagamenti in banconote è crollata da 12.500 a 1.000 euro, se funzionasse davvero per quel che si dice, a quest’ora l’evasione dovrebbe essere azzerata e il Pil alle stelle. Invece stranamente la cifra della presunta evasione-spauracchio lievita ogni anno e la crescita è un lontano ricordo.
Parallelamente però, guarda coincidenza, le tasse sui risparmi si sono triplicate. Con buona pace di quelli fissati con le «basse aliquote delle rendite finanziarie» (modo tassogeno di chiamare i risparmi utilizzato da Letta in giù), se consideriamo un 3% (ottimistico) di rendimento e il 2% di inflazione, sul guadagno reale, fra imposte e bolli, la tassazione è dell’80% (10 di interessi al netto dell’inflazione vengono decurtati da 6 per il 20% di tassa e da 2 per il bollo). Le tasse non hanno portato alcun vantaggio ma che importa, basta dire che c’è la luce in fondo al tunnel e qualcuno ci crede. Logico che a fronte di questo azzeramento dei rendimenti e messi di fronte a rischi non da poco (vedi Cipro e futura legge sul bail-in bancario) il risparmiatore possa essere tentato dal vecchio caro materasso.
Ebbene, proprio per evitare questo legittimo modo di sottrarre capitali, anche perfettamente legali, all’occhio ingordo del fisco niente di meglio della bella idea di vietare il contante. In questo modo il risparmio dell’onesto (quello del disonesto difficilmente è mai stato «al sole») è esposto alla mercé di chiunque voglia prelevarlo, magari ascoltando quell’«innocente» articoletto del Fondo monetario internazionale che pochi giorni fa suggeriva un bel prelievo secco del 10% su tutti i conti. La botta finale sulla testa del tonno contribuente chiuso nella tonnara del conto tracciato. E questi soldi a chi andranno poi? Alla «redistribuzione»? Ma ovviamente no, se ne andranno all’Europa per il fiscal compact così come se ne sono ormai andati i 51 miliardi (a oggi) pagati per i fondi salvastati. Scherzetto senza dolcetto.
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29 Ottobre 2013
sfruttare l’illusione monetaria dei cittadini …
territoriarchico cuneo-fiscale, mercato-del-lavoro Cialtroni al lavoro, Crisi Finanziaria, Mercato del Lavoro
[…] Sfruttare l’illusione monetaria dei cittadini, cioè la considerazione delle sole grandezze nominali e non di quelle reali, cioè depurate dall’inflazione, che sono invece le uniche che contano, si accoppia funzionalmente all’illusionismo politico che sta letteralmente esplodendo, in un periodo drammatico come l’attuale, in cui occorre rassicurare cittadini atterriti da quanto sta loro accadendo. L’esito non cambia, comunque: l’intervento sul cuneo fiscale è e resta una presa in giro, per quantum, ed è comunque parte della grande illusione monetaria che da sempre piaga questo paese. (leggi tutto su Phastidio)
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26 Ottobre 2013
anomalia italiana rispetto alla UE: un esercito di disoccupati e inattivi
territoriarchico disoccupazione, mercato-del-lavoro Come funziona, Mercato del Lavoro
La disoccupazione è, giustamente, una delle questioni più dibattute, in Italia come anche negli altri paesi. I più recenti dati Eurostat (secondo trimestre 2013) mostrano come il tasso di disoccupazione in Italia sia arrivato al 12,10 per cento, poco più di un punto percentuale della media europea (10,9 per cento). Un livello decisamente preoccupante.
Tuttavia c’è un altro indicatore importante alla luce del quale la peculiarità italiana rispetto ai partner dell’Unione emerge in modo clamoroso. Si tratta del tasso di inattività, ovvero della percentuale di persone in età lavorativa (15-64 anni) che non lavorano e non cercano lavoro. La media europea di questo indicatore è 26,4 per cento mentre in Italia siamo al 36,6 per cento, uno scarto di oltre dieci punti percentuali alla luce del quale le differenze nei tassi di disoccupazione appaiono minime.
Ma chi sono queste persone che non lavorano e non cercano lavoro? Sono principalmente tre categorie. I giovani, che rimangono a lungo, molto più a lungo che negli altri paesi, nel sistema educativo o ai margini di questo prima di mettersi alla ricerca di un impiego ed entrare formalmente nel mercato del lavoro. I pensionati di età inferiore ai 64 anni, che sono ancora molti in Italia, molti di più che negli altri paesi, a causa di tanti scellerati interventi che per molto tempo hanno facilitato e incoraggiato il pensionamento anticipato. Infine ci sono le donne, di tutte le età, che spesso per motivi culturali, spesso per necessità di cura dei figli e assistenza degli anziani decidono o sono costrette a non lavorare. (leggi tutto su lavoce.info)
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25 Ottobre 2013
La Rivolta di Atlante è in Atto
territoriarchico crisi-finanziaria, indipendenza-dall'-italia, italia-in-crisi, secedere, verso-il-default Crisi Finanziaria, Fare impresa, Italianide, Perché Secedere, Repubblica Bananiera
Cari amici di Rischio Calcolato
E’ giunto il momento di tirare una riga e ricordare ancora una volta la ragine profonda del declino italiano:
Lo Stato ha il monopolio della violenza e fa leggi, ma nessuno Stato mai può costringere i migliori, i più preparati e i più coraggiosi fra i propri cittadini a dare il meglio di se stessi per produrre ricchezza.
Capite l’enorme portata di questa legge naturale (o di Dio se volete)
Il punto è questo: non importa quali siano le leggi a cui sono sottoposti gli uomini, quando il frutto dell’ingegno e del lavoro non rimane per la maggior parte nelle mani e nella disponibilità di colui che lo ha prodotto, l’uomo smetterà di dare il meglio di se, smetterà di produrre oppure lo farà da qualche altra parte, secondo leggi più confacenti alla legge naturale.
Per loro natura gli esseri umani sono spinti al miglioramento della propria personale condizione e la storia insegna che qualsiasi costrizione a questa legge, sia che provenga dallo Stato od anche da una religione produce sempre miseria, infelicità, morte e violenza.
E’ un abominio, è contro natura, pensare di piegare la ricerca dell’uomo di migliorare la propria personale condizione alle ragioni della società o di Dio. Gli Stati prosperano e producono arte, brevetti, scienza, felicità solo quando assolvono al compito principale di garantire la libertà e il diritto di proprietà di ciascuno. Quando gli Stati si arrogano il diritto di redistribuire il frutto del lavoro e dell’ingegno dei loro migliori cittadini sono destinati alla distruzione.
E il motivo è semplice: i loro migliori cittadini smetteranno di produrre o decideranno di farlo da qualche altra parte.
(continua a leggere su Rischio Calcolato – FunnyKing)
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25 Novembre 2013
Un rutto (statalista) ci seppellirà
territoriarchico Crisi Finanziaria, Indipendenza, Italianide, Perché Secedere
[…] Perché dietro l’economia in mano pubblica non vi è lo Stato etico di Hegel, né l’anima di Guicciardini, o il buongoverno nell’interesse della collettività e neanche il commune bonum di cui si riempiono la bocca i boiardi di Stato, ma milioni di persone reali con le loro camarille. Queste persone hanno imbastito uno “spaventoso corpo parassitario che avvolge come un involucro la struttura della società … e ne ostruisce tutti i pori” (è Carlo Marx). Cinquanta anni fa nasceva in Italia il centro-sinistra e iniziava l’era delle nazionalizzazioni. In pochi anni, l’economia pubblica diventava la regola e il libero mercato l’eccezione. Mentre i Paesi comunisti sono riusciti ad abbandonare il loro criminale sistema economico e sociale, il totalitarismo duro, per noi uscire dall’incubo della mano pubblica, il nostro totalitarismo dolce, è impossibile. Lo Stato si nutre di se stesso e ingrassa costantemente, ma purtroppo, siamo all’indigestione finale: un rutto ci seppellirà tutti.
(leggi tutto su L’Intraprendente – Marco Bassani)
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