“Quando si chiude una porta si apre un portone. Che fa rima con lui. E ora bagagli per Dublino. Vado al fresco.” (@AlbertoBagnai)
http://youtu.be/zg8ogpfdst4
14 Settembre 2013
territoriarchico bagnai, europatia, uscita-dall-euro Crisi Finanziaria, Europatia
“Quando si chiude una porta si apre un portone. Che fa rima con lui. E ora bagagli per Dublino. Vado al fresco.” (@AlbertoBagnai)
http://youtu.be/zg8ogpfdst4
14 Settembre 2013
territoriarchico eurozona, grafici-economia, produzione-industriale Produzione Industriale
Partendo dal report Eurostat proposto nel post precedente, GPG Imperatrice (leggi tutto su Rischio Calcolato) analizza la posizione dell’Italia relativa alla produzione industriale.
Conclusioni:
Dati pessimi per l’Italia questi, ed a sorpresa brutti anche per l’Europa. Nel passato gli indicatori previsionali (dati su Ordini, superindici PMI ed OCSE, dati su fiducia) hanno sempre anticipato le tendenze in modo fedele: stavolta qualcosa non va.
Molti hanno parlato di RIPRESA sulla base di tali indicatori, ma i dati reali per ora non seguono ancora tale dinamica.
E’ verosimile che una ripresina su scala europea ci sara’ (come visto dai dati del PIL del 2 trimestre), ma sara’ piuttosto moscia. Per l’Italia semplicemente si sta attenuando la caduta, ma il mercato interno continua ad essere “malato”, e le tendenze a perdere colpi rispetto al resto dell’Europa, in atto da 17 anni, proseguono inalterate.
13 Settembre 2013
territoriarchico eurozona, grafici-economia, produzione-industriale Produzione Industriale
1 Settembre 2013
territoriarchico no-tav, secedere, sperperi, statalismi, svolta-liberale Indipendenza, Perché Secedere, Repubblica Bananiera, Sperperi d'Itaglia
Perché secedere? Perché puntare all’indipendenza del Veneto? Perché dimenticare l’Italia? Semplice (fra i centomila esempi possibili):
http://youtu.be/8Q9RyTVAyLw
27 Agosto 2013
territoriarchico controllo-dei-media, magistraturando CartaMedia, Italianide, Repubblica Bananiera, Struttura dello Stato
Perché pacificazione
Da Mani pulite in poi. Storia del patto scellerato (e inconfessabile) tra la politica, le procure e i giornali che i politici di oggi fingono ancora di non vedere
L’obbligatorietà dell’azione penale genera mostri; il più colossale, e vergognoso, dei quali – che ha, di fatto, trasformato la nostra Repubblica in una Repubblichetta delle banane nelle mani di caudilli in toga – è la distinzione, che una parte della magistratura fa, quando apre un fascicolo su qualcuno, fra “chi non sapeva”, che è ontologicamente non colpevole (innocente in se stesso), e chi “non poteva non sapere”, che è teoricamente colpevole (per deduzione accusatoria). E’ con la (legittima) autonomia e indipendenza di cui giustamente gode – ma anche, diciamolo, con discrezionalità e arbitrarietà spesso extra legem e contro ogni senso comune – di propendere per l’una o per l’altra delle due interpretazioni che essa tiene sotto permanente ricatto chiunque ed esercita il suo dominio sul paese. La politica, a sua volta, per viltà e quieto vivere, ha abdicato alle proprie funzioni.
[…]
Il giornalismo entrò in coma e, poco per volta, morì per carenza di pensiero; forse, per la natura dei rapporti di produzione capitalistici, direbbe Marx, non era mai stato libero e indipendente come qualche anima candida aveva preteso fosse; ma, almeno, fino a quel momento, aveva conservato una accettabile funzione informatrice e, in se stessa, liberatoria e una parvenza di dignità rispetto a quello dei paesi di socialismo reale. Di questo ha via via assunto la funzione, invece di darle, di nascondere ai lettori le informazioni e le idee non gradite al regime, mantenendoli in uno stato di permanente ignoranza e soggezione. Ad esso sta progressivamente assomigliando sempre più, senza che nessuno, né editori, né giornalisti mostri di accorgersene e di preoccuparsi. E, poi, si dice – senza aggiungere a quali, ad evitare anche solo di alludere al pactum sceleris – che gli italiani sarebbero incapaci di mantenere fede ai patti.
(leggi tutto su Il Foglio – Piero Ostellino)
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5 Agosto 2013
territoriarchico crisi-finanziaria, governo-letta, ricolfi Analisi socio-politiche, El Gobierno
È già successo 21 anni fa, con Mani pulite e la fine della prima Repubblica, sta risuccedendo ora, con la sentenza della Cassazione su Berlusconi e la fine della seconda Repubblica. La storia, in Italia, la scrive la magistratura, mentre la politica la subisce. In molti pensano, non senza qualche buona ragione, che sia la magistratura ad aver esondato nel la politica. Ma la realtà è che è innanzitutto la politica ad essersi esposta all’alluvione giudiziaria, che ora la sta sommergendo per la seconda volta.
Ai politici non piace sentirselo dire, ma la causa fondamentale dello strapotere della magistratura è proprio la politica. E lo è in tutte le sue forme ed espressioni. E’ la politica (tutta la politica) che non ha saputo riformarsi, né dopo tangentopoli (1992), né dopo il referendum radicale che aveva tentato di cancellare il finanziamento pubblico dei partiti (1993), né dopo il trionfo del Movimento Cinque Stelle alle ultime elezioni. […]
Se oggi siamo a questo punto non è perché la magistratura non ha permesso alla politica di governare, ma perché l’incapacità di un intero ceto politico di governare e di decidere ha dato alle vicende giudiziarie uno spazio abnorme nella nostra storia.[…]
Quando, come avviene da qualche settimana, si parla di segnali di ripresa, si dovrebbero sempre ricordare due cose. La prima è che la cosiddetta ripresa è tale rispetto al tonfo del 2012, un tonfo che in 12 mesi ha raddoppiato il numero delle famiglie in difficoltà: siamo come una pallina da tennis che è caduta in un pozzo di 10 metri di profondità e si compiace di essere rimbalzata di 30 centimetri sul fondo del pozzo. La seconda cosa da ricordare è che, nonostante lo spread sia sotto quota 300, il rating del debito pubblico dell’Italia è di nuovo a un passo dal baratro, dove il baratro è il punto nel quale i buoni del tesoro vengono classificati come spazzatura (junk bonds) e gli investitori istituzionali sono obbligati a venderli in massa, con conseguente rischio di un default dell’Italia. Alcuni osservatori paiono non rendersi conto che il fatto che le agenzie di rating abbiano sbagliato in passato non implica logicamente né che stiano sbagliando di nuovo, né che il loro giudizio sull’Italia – giusto o sbagliato che sia – sia destinato ad essere ignorato dai mercati, dagli operatori esteri e dai fondi pensione.
(leggi tutto su LaStampa.it – Luca Ricolfi)
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28 Luglio 2013
territoriarchico spesa-pubblica, taglio-spesa-pubblica Economia e Finanza, Spesa pubblica
[…] C’è il forte sospetto che sia ormai inutile continuare a ripetere, come facciamo da anni, la solita litania: «Bisogna ridurre la spesa pubblica al fine di abbassare le tasse e rilanciare così la crescita».
Il partito della spesa pubblica non ha alcun interesse alla crescita perché non può accettare che spese e tasse scendano. Fino a oggi, quel partito si è rivelato fortissimo, imbattibile. Ci sono due possibili spiegazioni, non necessariamente incompatibili fra loro, di tale imbattibilità. La prima ha a che fare con le «quantità» e la seconda con la «qualità». La spiegazione quantitativa dice che i numeri sono a favore del partito della spesa pubblica: coloro che vivono di spesa sopravanzano ogni altro gruppo e rappresentano, sul piano elettorale, una «minoranza di blocco» ai cui veti nessun governo, quale che ne sia il colore, può resistere. La spiegazione qualitativa fa riferimento all’esistenza di «cani da guardia», di istituzioni strategicamente collocate che si sono assunte il compito di salvaguardare gli interessi facenti capo al partito della spesa pubblica. Per esempio, guardando a certe sentenze della Corte costituzionale, si può essere colti dal sospetto che sia addirittura «incostituzionale» ridurre la spesa pubblica (e quindi le tasse), ossia che, per il nostro ordinamento, quelle due grandezze possano solo crescere, mai diminuire. Più in generale, c’è una intera infrastruttura amministrativa (alta burocrazia, magistrature amministrative) che regge e dà continuità alla azione dello Stato, che sembra chiusa a riccio nella difesa di un equilibrio politico e sociale fondato sulla incomprimibilità della spesa e su tasse altissime. La debolezza della politica fa poi il resto, rende impossibili interventi capaci di vincere le resistenze burocratiche e lobbistiche e invertire la rotta. […]
(leggi tutto Corriere.it – Angelo Panebianco)
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15 Settembre 2013
media mensile sondaggi partiti: gen/2011 – sett/2013
territoriarchico sondaggi Sondaggi
(medie settimanali e mensili dettagliate su sondaggiproiezioni.blogspot.it)