In un recente intervista il CEO di Google, Eric Schmidt, ha commesso due peccati: si è dichiarato capitalista, “fieramente capitalista”, e si è rifiutato di sottostare alla retorica dell’evasore fiscale come parassita.
Diversi governi europei, a cominciare dall’Inghilterra e dall’Olanda, si sono lamentati del fatto che il motore di ricerca riuscisse ad evitare di pagare una cifra intorno ai due miliardi di dollari globalmente attraverso la creazione di sussidiarie alla Bermuda, dove il regime fiscale è notoriamente meno penalizzante di quello europeo. Questo ha causato un’ondata di indignazione generale, cavalcata dai politici di entrambi i fronti con l’accusa di “immoralità”. Una cosa a cui noi italiani, abituati a farci dare dei parassiti da una classe politica che ci ha bruciato il futuro, non faremmo nemmeno caso e subiremmo passivamente.
E invece Schmidt ha risposto “Noi paghiamo un sacco di tasse. Le paghiamo secondo le modalità imposte dalla legge, sono fiero della struttura che abbiamo messo in piedi. L’abbiamo fatto basandoci sugli incentivi che ci danno i governi a lavorare. Si chiama capitalismo. Noi siamo fieri di essere capitalisti, non facciamo confusione in merito a questo”.
E per quanto nella vita reale un po’ confuso lo sia, visto il suo endorsement a quel campione del capitalismo di Barack Obama, Schmidt dice una grande verità: le imprese rispondono agli incentivi. Le imprese votano con i capitali, si spostano dove vengono spennate di meno. E se come diceva Colbert l’arte del fisco è quella di spennare l’oca senza farle troppo del male, la possibilità per l’oca di volarsene via è il miglior limite al potere del fattore. La concorrenza fiscale ha una funzione disciplinante nei confronti dell’ingordigia dell’esattore: i governi abbassano la pressione fiscale per non lasciar andar via le imprese, ed in questa maniera ne arrivano di nuove, garantendo crescita e lavoro.
Ma la pressione della concorrenza fiscale è più debole se i politici hanno l’opzione di delegittimare moralmente le imprese che vanno via. E allora ringrazio Schmidt perchè non ci è stato: non è immorale cercare di tenersi ciò che si è guadagnato. Google è uno dei migliori esempi di innovazione tecnologica e culturale, è un’impresa che per una capitalistica ricerca di profitto ha migliorato con i suoi prodotti – ceduti in larga parte gratis, peraltro! – la vita di miliardi di persone molto più di qualsiasi programma pubblico. Non è immorale che chi ci ha investito le proprie capacità o i propri risparmi riceva profitti in cambio degli incomparabili servizi che rende ai consumatori. È immorale uno stato che chiede troppo e spreca quel che estorce.
Ripetiamolo insieme: i parassiti sono loro.
(via Chicago blog – Rosamaria Bitetti)
28 Novembre 2013
Siamo tutti liberisti. Soprattutto loro (i confindustri)
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Ryanair sbarca a Fiumicino. Che dovrebbe voler dire più voli e più concorrenza sui prezzi. Che in Italia vuol dire spavento generale. Siamo tutti liberisti.
E, per tutti, Assaereo :«L’avvio dei nuovi collegamenti annunciati da Ryanair a Fiumicino è un fatto eccezionalmente grave che produrrà conseguenze pesantissime su tutti gli operatori e del quale se ne assumeranno tutta la responsabilità, anche nei confronti di migliaia di lavoratori, coloro che l’hanno resa possibile”.
L’incertezza grammaticale quasi supera quella politica. Quanto a quest’ultima, si segnala all’ignaro che Assaereo non è guidata da Landini e non è parte della FIOM.
Assaereo è affiliata a Confindustria.
(via Leoniblog.it)
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