La BCE e la Commissione europea insistono con l’idea che il riequilibrio dei rapporti tra paesi creditori e paesi debitori dovrebbe avvenire a colpi di deflazione salariale a carico di questi ultimi. Questa politica però è stata già largamente adottata in Grecia, dove tra il 2008 e il 2012 i salari nominali sono diminuiti di quasi tre punti percentuali, i salari reali sono precipitati di diciotto punti e la quota salari sul reddito nazionale ha subito una caduta di oltre quattro punti. Più che migliorare la profittabilità e la competitività dell’economia greca, la caduta dei salari ha soprattutto contribuito a deprimere la domanda interna e ad aggravare la recessione. Ha senso riproporre la stessa ricetta in Italia? Maria Rosaria de Medici intervista l’economista Emiliano Brancaccio (Università del Sannio).

(via emilianobrancaccio.it)