La Sicilia è lo specchio dell’Italia intera: una politica corrotta e uno Stato che non aiuta i deboli né promuove i talenti, ma favorisce soltanto gli amici dei potenti; una terra di privilegi e monopoli dove sono cresciuti solo debiti e sussidi. Se gli attuali meccanismi di rappresentanza non riescono a dar voce alle generazioni future, c’è da augurarsi che al governo italiano sia tolta la capacità di spesa. Finché gli elettori non prendono coscienza della necessità di avviare il paese sulla strada della concorrenza e della uguaglianza delle opportunità. […]
SICILIA SPECCHIO DELL’ITALIA
D’altra parte, non possiamo dimenticare che non è certo responsabilità esclusiva dei siciliani se dal dopoguerra l’isola è stata inondata di moneta avvelenata che ne ha precluso lo sviluppo. È proprio il governo centrale che non ha saputo far meglio che regalare rendite improduttive stampando quel debito sovrano che adesso viene al pettine come tutti i nodi. Quindi non possiamo fare a meno di allargare lo sguardo e chiederci: ma il cattivo nordista finlandese che guarda all’Italia, vede qualcosa di molto diverso da quello che da Milano si vede guardando Palermo? Non sono così sicuro di poter rispondere di sì. Tutti i record che la Sicilia ha in Italia, dalla corruzione ai privilegi e monopoli, dall’inaffidabilità all’inconcludenza dei governi, tutte quelle caratteristiche di istituzioni più estrattive che inclusive che si trovano in Sicilia rispetto al resto del paese, purtroppo l’Italia le ha in confronto all’Europa che va avanti e crea sviluppo. Da siciliano penso che a Milano hanno ragione, che c’è purtroppo da sperare che al governo siciliano sequestrino il libretto degli assegni. E da italiano penso che a Helsinki hanno altrettanta ragione, e allo stesso modo spero, a malincuore, che al governo italiano sequestrino il libretto degli assegni finché gli elettori prendano coscienza della necessità di cambiare registro e avviare il paese sulla strada della concorrenza e della uguaglianza delle opportunità. […]
(via lavoce.info – Salvatore Modica)
24 Luglio 2012
Sicilia, una regione troppo speciale
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Negli ultimi giorni si è discusso molto di un possibile commissariamento della Regione siciliana. Ma qual è la situazione reale? Intanto, lo Statuto speciale assegna competenze molto ampie, per il cui esercizio sono previste risorse altrettanto elevate. Ma la gestione che ne è stata fatta nel corso degli anni ha portato alle attuali difficoltà di cassa e pregiudica anche la situazione futura. Se guardiamo i dati relativi al bilancio di competenza della Regione per l’esercizio finanziario 2012 si riscontrano ancora molte opacità e un peggioramento dei conti.
Anche se da tempo se ne parlava, è stata soprattutto l’intervista dell’ex presidente della Confindustria siciliana a portare sulle prime pagine dei giornali la gravissima situazione in cui versa la Regione siciliana. Sull’argomento è intervenuto anche il presidente del Consiglio, Mario Monti, alimentando le voci di un commissariamento della Regione che, giuridicamente, appare impraticabile. Senza entrare nelle polemiche politiche, ci pare opportuno offrire un quadro il più chiaro possibile della situazione reale.
LA SPECIALITÀ DELLA REGIONE
La Regione siciliana, il cui Statuto fu approvato con legge costituzionale, è, per le competenze di cui è titolare, la “più speciale” fra le regioni a statuto speciale: solo la Sicilia è intestataria della cosiddetta competenza esclusiva nelle materie di cui all’articolo 14 e 15 dello Statuto, l’esercizio del potere legislativo trova solo il limite dei principi costituzionali e delle leggi di grande riforma. Competenze, dunque, molto ampie in materie decisive nella vita della Regione. Il loro esercizio comporta un notevole impegno finanziario, e lo stesso Statuto ha previsto un regime di finanziamento adeguato. La Regione è titolare di un proprio patrimonio, che è poi quello che lo Stato le ha trasferito, ma ha anche autonomia tributaria e, con l’eccezione delle imposte di produzione e delle lotterie e dei tabacchi, tutte le imposte esatte nel territorio siciliano sono riversate nelle casse della Regione. A completamento del quadro, bisogna considerare l’articolo 38, il fondo di solidarietà nazionale, che prevede un versamento annuo dallo Stato alla Regione, il cui ammontare avrebbe dovuto compensare la minore entità dei redditi di lavoro in Sicilia rispetto alla media nazionale. Il parametro, che avrebbe dovuto regolare il versamento, si è rivelato di difficile calcolo ed è stato quindi contrattato anno su anno portando nel tempo nelle casse della Regione una quota rilevante di risorse. Negli ultimi anni è stato comunque via via ridotto. Se a questo si aggiungono i fondi destinati a specifici scopi e quelli comunitari nel quadro delle politiche di coesione, appare chiaro che la Sicilia avrebbe potuto avere quanto necessario per assolvere la sua missione. […]
(leggi tutto a lavoce.info – Floriana Cerniglia – Pasquale Hamel)
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