mercato-del-lavoro
2 Settembre 2015
quote di giovani (16-29) che combinano assieme lavoro e studio (paesi OECD)
territoriarchico grafici-vari, mercato-del-lavoro Analisi socio-politiche, Mercato del Lavoro
21 Agosto 2015
tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Europa
territoriarchico disoccupazione, grafici-vari, mercato-del-lavoro Mercato del Lavoro
18 Agosto 2015
tassi di disoccupazione giovanile (15-24) in Italia regione per regione
territoriarchico classifiche-regionali, disoccupazione, grafici-vari, mercato-del-lavoro Mercato del Lavoro
11 Marzo 2014
I giovani italiani nel mercato del non lavoro
territoriarchico disoccupazione, mercato-del-lavoro Mercato del Lavoro
15 Gennaio 2014
disoccupazione area OCSE gennaio 2013 (area euro: 12,1%)
territoriarchico disoccupazione, grafici-economia, mercato-del-lavoro Mercato del Lavoro
Per approfondimenti:
Euro area 12.1% in November. Italy (at 12.7%), Slovenia (at 9.9%), Ireland (to 12.3%), Slovak Republic (to 14.0%), France (at 10.8%), Germany (at 5.2%).
Mexico (to 4.6%), Israel (to 5.5%), United States (to 7.0%), Canada (at 6.9%) and Japan (at 4.0%).
In November, the OECD unemployment rate for youth showed a significant decline (by 0.3 percentage point to 15.7%). However, the youth unemployment rate remains high in several Euro area countries, in particular in Spain (at 57.7%), Greece (at 54.8% in September, the latest month available), Italy (at 41.6%), Portugal (at 36.8%) and the Slovak Republic (at 33.3%).
19 Novembre 2013
territoriarchico disoccupazione, mercato-del-lavoro Mercato del Lavoro
Fonte: Banca d’Italia. Elaborazione dati a cura di Filippo Teoldi
Gli ultimi dati Istat (settembre 2013) ci dicono che il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il 40,4 per cento certificando ancora una volta la drammaticità della condizione dei giovani nel mercato del lavoro italiano. Si sente spesso ripetere che questa è la prima generazione di figli che starà peggio dei propri padri ma è poi difficile supportare tali affermazioni con dati puntuali. In linea di principio si dovrebbe osservare l’intera sequenza dei redditi percepiti dalla persone nel corso della propria vita ma dati di questa natura che contengano informazioni su individui di diverse generazioni, quindi nati in anni molto distanti tra loro, sono estremamente difficili da raccogliere.
Sappiamo però che le condizioni di ingresso nel mercato del lavoro hanno una forte influenza sul futuro percorso di carriera. Chi entra sul mercato con salari bassi farà molta fatica a rimontare. Per questo motivo i dati riportati nel grafico qui sopra sono particolarmente interessanti perché mostrano il reddito medio dei trentenni (1) rispetto alla media dell’intera popolazione in anni diversi. Chi è nato nel 1947, e quindi ha trent’anni nel 1977, guadagnava circa il 10 per cento in più del salario medio dell’intera popolazione. Questo premio si assottiglia notevolmente già per i trentenni nel 1984, i quali guadagnavano poco meno del 3 per cento in più della media, e si azzera quasi completamente per i trentenni nel 1991. Dopodiché crolla. Chi nasce nel 1980 arriva ai trenta anni guadagnando il 12 per cento in meno del reddito medio dell’intera popolazione. E, fortunatamente, non abbiamo ancora a disposizione dati più recenti…
(1) Per trentenni si intendono persone di età compresa tra i 30 e i 39 anni. Non è certamente la definizione più adeguata di “giovani” ma purtroppo i dati non consentono di confrontare in modo omogeneo gruppi di età differenti su un periodo di tempo sufficientemente lungo
(via lavoce.info)
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29 Ottobre 2013
sfruttare l’illusione monetaria dei cittadini …
territoriarchico cuneo-fiscale, mercato-del-lavoro Cialtroni al lavoro, Crisi Finanziaria, Mercato del Lavoro
[…] Sfruttare l’illusione monetaria dei cittadini, cioè la considerazione delle sole grandezze nominali e non di quelle reali, cioè depurate dall’inflazione, che sono invece le uniche che contano, si accoppia funzionalmente all’illusionismo politico che sta letteralmente esplodendo, in un periodo drammatico come l’attuale, in cui occorre rassicurare cittadini atterriti da quanto sta loro accadendo. L’esito non cambia, comunque: l’intervento sul cuneo fiscale è e resta una presa in giro, per quantum, ed è comunque parte della grande illusione monetaria che da sempre piaga questo paese. (leggi tutto su Phastidio)
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26 Ottobre 2013
anomalia italiana rispetto alla UE: un esercito di disoccupati e inattivi
territoriarchico disoccupazione, mercato-del-lavoro Come funziona, Mercato del Lavoro
La disoccupazione è, giustamente, una delle questioni più dibattute, in Italia come anche negli altri paesi. I più recenti dati Eurostat (secondo trimestre 2013) mostrano come il tasso di disoccupazione in Italia sia arrivato al 12,10 per cento, poco più di un punto percentuale della media europea (10,9 per cento). Un livello decisamente preoccupante.
Tuttavia c’è un altro indicatore importante alla luce del quale la peculiarità italiana rispetto ai partner dell’Unione emerge in modo clamoroso. Si tratta del tasso di inattività, ovvero della percentuale di persone in età lavorativa (15-64 anni) che non lavorano e non cercano lavoro. La media europea di questo indicatore è 26,4 per cento mentre in Italia siamo al 36,6 per cento, uno scarto di oltre dieci punti percentuali alla luce del quale le differenze nei tassi di disoccupazione appaiono minime.
Ma chi sono queste persone che non lavorano e non cercano lavoro? Sono principalmente tre categorie. I giovani, che rimangono a lungo, molto più a lungo che negli altri paesi, nel sistema educativo o ai margini di questo prima di mettersi alla ricerca di un impiego ed entrare formalmente nel mercato del lavoro. I pensionati di età inferiore ai 64 anni, che sono ancora molti in Italia, molti di più che negli altri paesi, a causa di tanti scellerati interventi che per molto tempo hanno facilitato e incoraggiato il pensionamento anticipato. Infine ci sono le donne, di tutte le età, che spesso per motivi culturali, spesso per necessità di cura dei figli e assistenza degli anziani decidono o sono costrette a non lavorare. (leggi tutto su lavoce.info)
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2 Aprile 2013
CGIA: le imprese delocalizzano inseguendo la certezza del diritto
territoriarchico delocalizzazione, mercato-del-lavoro Economia e Finanza, Mercato del Lavoro
La CGIA ha recentemente pubblicato due righe sul fenomeno della delocalizzazione. Credevo – sinceramente – che questo fenomeno fosse dovuto principalmente alla necessità di abbattere i costi del lavoro, motivo per il quale uno si aspetta che la delocalizzazione abbia come destinazione Paesi … “in via di sviluppo”, dove i salari sono bassi e le regole del mercato del lavoro hanno maglie molto larghe. Invece no: si delocalizza in Francia, Stati Uniti, Germania, Spagna. Al massimo si va in Romania, ben poche in Cina.
Viene quindi a crollare – ed è un bene assoluto – il “mito” secondo il quale le aziende delocalizzano abbagliate dai lauti guadagni conseguibili sulle spalle dei contenuti salari corrisposti. No, si delocalizza soprattutto per avere la certezza del diritto: vedi Francia … (un altro motivo per cui andare fieri di quest’itaglia):
[…] Il Paese più attrattivo per i nostri imprenditori è la Francia: sono 2.562 le aziende italiane che hanno trasferito una parte della propria filiera produttiva nel paese Transalpino.
“Un elemento di forte richiamo – prosegue Giuseppe Bortolussi – è la certezza del diritto. In Francia, ad esempio, i tempi di pagamento sono più puntuali e più rapidi di quanto avviene da noi. La giustizia francese funziona e chi non paga viene perseguito e sanzionato. Senza contare che i tempi di risposta delle autorità locali sono strettissimi, al contrario di quanto succede in Italia dove l’unica certezza sono i ritardi che accompagnano quasi ogni pratica pubblica”.
Dopo la Francia, tra i Paesi che hanno attratto gli interessi delle nostre imprese troviamo gli Stati Uniti (2.408 aziende), la Germania (2.099 imprese), la Romania (1.992 unità produttive) e la Spagna (1.925 aziende). La Cina è al settimo posto, con 1.103 imprese italiane che hanno scelto di proseguire la propria attività produttiva in estremo oriente.
Le Regioni più investite dalla “fuga” delle proprie aziende verso l’estero sono quelle del Nord. In Lombardia se ne contano 9.647, in Veneto 3.679 in Emilia Romagna 3.554 e in Piemonte 2.806. Messe tutte assieme costituiscono oltre il 72% del totale delle imprese che hanno lasciato il nostro Paese.
p.s. si veda anche, per alcuni risvolti similari, l’articolo efficienza della giustizia civile: Belluno quasi peggiore del profondo sud
(via BLOZ)
16 Settembre 2015
disoccupazione giovanile (15-24) percentuale in OECD
territoriarchico grafici-vari, mercato-del-lavoro Mercato del Lavoro