[…] Guardi, funziona così, segua bene che poi le faccio anche il disegnino: io guadagno un reddito, su cui pago le tasse (almeno dovrei, almeno ciò accade per la stragrande maggioranza dei risparmiatori italiani, incluso chi ora le sta scrivendo); il mio reddito disponibile, cioè dopo le imposte, posso consumarlo o risparmiarlo. Se sono così fortunato da riuscire a risparmiarlo, compro dei titoli (di stato, azioni, obbligazioni), che sono patrimonio, cioè “ricchezza finanziaria”. Oppure posso comprarci degli immobili, cioè “ricchezza reale”. Le è più chiaro, così?
Sui miei risparmi, la “ricchezza finanziaria” che mi impedisce di guardarmi allo specchio la mattina per i sensi di colpa, pago tasse a mezzo di una imposta sostitutiva, oggi al 20 per cento. Se sono titoli dello stato italiano, però (o buoni postali, il che è lo stesso), pago il 12,5 per cento, perché lo stato necessita di avere un aiutino per collocare presso le famiglie il proprio enorme debito. E’ ancora sintonizzato, Vendola, oppure è già sul suo destriero a declamare su crune dell’ago e Regni dei cieli?
Anche i delinquenti pagano il 20 o il 12,5 per cento sui proventi delle proprie attività finanziarie. Ma forse siamo tutti delinquenti, lei che dice? Ma confondere imposte sui redditi con imposte patrimoniali grida vendetta. Un po’ come sentire, nei telegiornali (è capitato) che il mitico François Hollande (il disastro sinistro che attende di accadere) avrebbe messo “una patrimoniale sui redditi più elevati”. Le parole sono importanti, Vendola. Ed ancor più lo sono i concetti che ad esse stan dietro.
Perché non chiede al suo socio di coalizione e futuro premier, Pierluigi Bersani, di fare una riforma fiscale tale da tassare ad aliquota marginale (cioè in dichiarazione) tutti i redditi di capitale, dopo aver applicato una franchigia che identifichi la leggendaria classe media, come suggerito qui? Non è lei quello che, ad ogni pié sospinto, invoca la progressività? Questa è l’alternativa praticabile. In alcuni paesi, fortunatamente mondati da una demagogia come la sua, esiste pure. E peraltro servirebbe ad evitare “l’effetto Trilussa”: quello che ci dice che, in media, le famiglie italiane posseggono attivi finanziari per 150.000 euro ciascuna.
Forse questo lei non lo sa. Forse il suo furore ideologico, accoppiato ad una scarsa comprensione della materia, la porta a credere che esista solo una cosa chiamata patrimoniale. Però si chieda perché lei e tutti quelli come lei, ad esempio l’altra grande cattocomunista in servizio permanente effettivo sul nostro proscenio politico, Rosy Bindi, invocate ad intervalli regolari la “tassazione delle rendite finanziarie” e poi tornate a cuccia, dopo aver incassato la vostra rielezione. La vostra è solo ignoranza o c’è altro?
Ce lo faccia sapere, per cortesia. O saremo costretti a cercare di “stanarla”.
(di Mario Seminerio: leggi tutto su Phastidio.net)
3 Dicembre 2013
Gli effetti depressivi di una patrimoniale
territoriarchico imposizione-fiscale, patrimoniale, tartassati Tartassati
[…] Se tutte le imposte hanno affetto depressivo sull’economia, le imposte di entità straordinaria hanno un effetto straordinariamente depressivo. E non è finita qui: quando i beni sono collateral di prestiti, se si riduce il loro valore, le banche chiedono di rientrare, diventa necessario vendere ancora di più, aumentano le sofferenze. Una valanga. Inoltre quelle centinaia di miliardi, alla fine, direttamente o indirettamente, dovrebbero uscire dal circuito ed essere versate al Tesoro per ridurre di un pari importo il ricorso al mercato. Chi fornisce questa liquidità? E’ improbabile che le banche siano in grado di fornirla, solo una parte una parte sarebbe finanziata dal rimborso dei titoli di stato di loro proprietà che verrebbero rimborsati. Quello che è sicuro è che, tra tutto, si produrrebbe un’ulteriore restrizione del credito, proprio il fenomeno a cui si attribuisce la colpa della mancata crescita.
La patrimoniale è sprovvista di ogni ragione economica: sostenere che venga proposta solo per eccitare e quindi sfruttare l’invidia sociale, sarebbe tuttavia semplicistico. Il Corriere ha pubblicato un diagramma della Ragioneria Generale dello Stato che rappresenta, anno per anno, le tappe dell’avanzata della spesa pubblica: una disfatta. Chiedere ai cittadini di “svendere” parte del proprio patrimonio per metterne il ricavato nelle mani di quello stato di cui i suoi stessi massimi funzionari dimostrano l’incapacità a contenere la spesa, appare un’oscenità. E dire che ad agire sulla spesa si incontrano “difficoltà politiche”, implica che, per i proponenti la patrimoniale, tagliare sarebbe un’oscenità maggiore. Se la strada di chi è incaricato della spending review è ingombrata da “difficoltà politiche”, gli si dia responsabilità politica: da ministro potrebbe, all’occorrenza, “metterci la faccia”. Il mostro di Loch Ness non si farebbe più vedere: nessuno è mai riuscito a guardarlo negli occhi.
(leggi tutto su francodebenedetti.it)
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